Friday 26 December 2008

La Duchessa (S. Dibb, 2008)


Candidatura al Golden Globe - Miglior attore non protagonista - Ralph Fiennes
Il film narra la vita della duchessa del Devonshire, Georgiana Spencer, vissuta nell'Inghilterra della seconda metà del '700, donna colta e raffinata che ebbe un ruolo di primo piano nella società e nella politica inglese del tempo e una vita privata molto infelice.
Le premesse per questo genere di film non sono mai ottime : un cast d'eccezione unito ad una storia di ribellione alle convenzioni sociali in un momento della storia rispetto al quale è possibile erigere una struttura patinata e fredda, il cui maggior vanto sono i solitamente meravigliosi costumi.
Questo film non è un'eccezione, ma ha una considerevole marcia in più, in quanto è irradiato da due prove attoriali assolutamente strepitose che fanno palpitare la pellicola.
Mi riferisco innanzitutto a Keira Knightley, inspiegabilmente ignorata nella cinquina dei Golden Globes, nel ruolo della protagonista, la duchessa del Devonshire Georgiana Spencer, una sorta di prototipo della principessa Diana, della quale è ascendente in linea retta, e al sottilmente sublime Ralph Fiennes nel ruolo del duca marito della prima.
Il riferimento alla illustre discendente di Georgiana non è mai immediatamente evidente e la duchessa può vivere di vita propria : solare, spontanea, fragile e istintiva, questa figura si pone in rilievo con una areosa dinamicità, di contro alla staticità delle eleganti scenografie e dei personaggi di contorno.
Volutamente statico è invece il duca, ma non per questo il personaggio è contaminato dalla piattezza dello sfondo, come invece lo è Charles Grey, interpretato senza passione da Dominic Cooper, la cui storia d'amore con Georgiana non coinvolge e nemmeno interessa, finendo per diventare meramente una noiosa ricorrenza : il duca di Ralph Fiennes è una figura mediocre che tuttavia è potenzialmente pericolosa e l'attore rende in maniera sorprendente ed in momenti inaspettati tutte le sfumature della sua meschinità, dall'inettitudine e ottusità dell'uomo che non riesce a sperimentare altri piaceri oltre che quelli elementari alla violenta ossessività e subdola crudeltà dell'uomo privo di erede maschio.
Una speciale nota di menzione va a Charlotte Rampling nel ruolo della madre di Georgiana, donna ambiziosa a suo agio nelle convenzioni sociali e dotata di una razionalità ai limiti del dogmatismo, delineata con magistrale raffinatezza dall'attrice che in giovinezza era famosa per i suoi ruoli da ribelle.
Fatta eccezione per suddette prove attoriali, il film non ha in sé niente di nuovo da offrire : la storia non è particolarmente originale e il regista non impone nessuna particolare visione, i costumi sono ovviamente meravigliosi e dettagliati, affidati al relativamente nuovo Michael O'Connor, e la bella musica ha la firma della sapiente mano di Rachel Portman ("Chocolat" , "Emma" , "Mona Lisa Smile", "La Leggenda di Bagger Vance").

Saturday 13 December 2008

Candidature per la 66° edizione dei "Golden Globes"



Seguite il link...

http://www.goldenglobes.org/news/id/104

Cercherò di mettere sul blog il maggior numero possibile di recensioni dei film in lizza per gli ambiti premi prima della cerimonia di assegnazione, fissata per domenica 11 gennaio 2009.
L'anno scorso la cerimonia vera e propria fu cancellata a causa dello sciopero degli sceneggiatori.

Wednesday 3 December 2008

Changeling (C. Eastwood, 2008)




Il 10 marzo 1928 a Los Angeles il piccolo Walter Collins scompare.
La madre Christine si mette alla disperata ricerca del figlio e sei mesi dopo le viene annunciato che è stato ritrovato sano e salvo.
Tuttavia il bambino che le viene riportato non è suo figlio, a differenza di quanto vorrebbero farle inutilmente credere i poliziotti incaricati del caso.
Christine si trova allora costretta a intraprendere una guerra contro i potenti della città nel tentativo di far venire alla luce la verità...

Clint Eastwood non è mai stato un amante della retorica, di discorsi sui massimi sistemi, monologhi "virtuosi", dialoghi complessi, giochi di parole e vari espedienti di questo genere.
Egli è soprattutto un osservatore della realtà, dotato di una lucididà e sobrietà che trascendono la sensibilità cinematografica più diffusa.
"Changeling" è in questo senso esemplare : la storia vera di Christine Collins (una Angelina Jolie che fà il verso alle dive del passato, con modesti risultati), madre alla disperata ricerca del figlio nella Los Angeles degli anni '20, coinvolta suo malgrado in una lotta ad armi impari contro le forze dell'ordine che vorrebbero far creder suo un bambino che in realtà non lo è, viene raccontata seguendo minuziosamente la cronaca, a tal punto da riportare anche le singole date.
Non vi è dunque una progressione temporale "a effetto" per impressionare gli spettatori e, d'altronde, non ve ne sarebbe bisogno, perché il senso morale di chi sta dietro la cinepresa traspare in ogni momento : non si tratta, invero, di una mera narrazione dei fatti, quasi fossimo in presenza di un documentario, bensì di un messaggio colmo di un'indignazione autoevidente, immune dalla necessità di essere giustificata in quanto percepita simultaneamente dagli spettatori.
Eastwood è un regista indignato ma non polemico, perché la trasparenza delle immagini portate sul grande schermo si sposa con un ideale di coscienza sociale la cui moralità intrinseca è talmente forte da pesare più di qualunque invettiva.
L'occhio del regista cade sul dramma umano di Christine cogliendone l'ambivalenza, rappresentata dal dolore privato della donna e dalla dimensione sociale del suo caso, in un atto di imprevedibile ottimismo.
Non a caso, sebbene l'angoscia crepiti sullo schermo per tutti i 140 minuti di durata del film, la scoperta dell'orrore e soptattutto le traversie giudiziarie conseguenti hanno un effetto catartico sulla protagonista e, in particolare, su chi guarda.
Qualcuno ha criticato questa parte più "tecnica" del film, consistente nella risposta della società losangeliana alla tragica vicenda, tuttavia l'obiettivo perseguito è di trasmettere fiducia nella possibilità di redimere il sogno americano da se stesso, permettendo ad un ideale di giustizia sostanziale di compiere la sua missione.
In fondo dunque il regista è un ottimista, alle prese con una realtà che sembrerebbe non far trovare pace alle persone oneste : il suo è un messaggio di speranza, rafforzato da una semplicità "classica", fatta di concretezza e sentimento (attenzione, non sentimentalismo!).
Forse è per questo motivo che la prima sensazione coscientemente riconoscibile mentre scorrono i titoli di coda è quella di uno strano sollievo.

Tuesday 2 December 2008

Love Actually - L'amore davvero (R. Curtis, 2003)



Nove storie diverse, eppure collegate tra loro, nella Londra dei giorni nostri, in frenetica attesa del giorno di Natale.

Confesso che ho sempre apprezzato molto il senso dell'umorismo tipicamente British e le storie corali di Richard Curtis ("Quattro matrimoni e un funerale" e "Notting Hill", per citarne qualcuno) e questo film rappresenta in tal senso un punto d'arrivo.
Innanzitutto, nei film precedenti sceneggiati da Curtis vi era qualche sporadica melensaggine che appariva qua e là, mentre in questo non ve ne è l'ombra; in secondo luogo, Curtis è più politicamente scorretto, ma sempre con quel caratteristico garbo ammiccante che gli è proprio (da antologia la sequenza della visita del presidente degli Stati Uniti a Londra); infine, i film corali sono sempre stati la specialità dello sceneggiatore-regista, capace di dare il giusto spazio ai suoi personaggi, ritratti a tutto tondo e con sincero affetto, e qui ci troviamo di fronte al perfetto bilanciamento di ben nove storie diverse per poco più di due ore di durata.
Alcune storie sono fanno ridere, altre piangere, altre finiscono bene, altre no, ma sono tutte collegate fra loro, memorabili e, a tratti, commoventi.
Il cast è ben assortito e presenta attori di alto profilo: Alan Rickman, Emma Thompson, Liam Neeson, Colin Firth, Bill Nighy, Keira Knightley, Laura Linney, Billy Bob Thornton, Rowan Aktinson (il suo cameo è esilarante) e così discorrendo.
Fa parte del cast anche Hugh Grant, ormai assiduo interprete dei film sceneggiati da Curtis, più disincantato e meno imbambolato del solito nei panni del primo ministro britannico (strepitoso il balletto improvvisato all'interno del numero 10 di Downing Street sulle note delle Sister Sledge).
Per concludere, una breve nota sul titolo del film, non immediatamente comprensibile se visto doppiato: l'amore è il filo conduttore di tutti i "quadretti" che ci vengono mostrati e "actually" ("in realtà" e non "davvero", come vorrebbe far credere l'edizione italiana) è un intercalare usatissimo dagli inglesi e, in particolare, da tutti i personaggi del film, in gran parte londinesi doc.

Love Actually (R. Curtis, 2003)

I confess I've always admired Richard Curtis's typically British sense of humour and shoulder to shoulder storylines ("Four weddings and a funeral" and "Notting Hill", amongst others) .
This film is the ultimate finish line in that direction: firstly, because there is not one trace of soppy dialogue; secondly, because the restraints of political correctness are finally let go of, while the film retains a certain air of mischievous courtesy (the US president's visit to London is quite memorable); finally, because Curtis has always been a mastermind in bringing to the screen collective views on rather diverse themes, by allowing each character to have its own voice and portraying each one with the right dose of wit and affection, and, from this point of view, the film holds in perfect balance nine different storylines (ten including the one which was left on the cutting room floor).
Some stories are funny, others sad, others happily resolved and all are, in one way or the other, related, heart-warming and memorable.
The cast is solid and it includes some rather high profile actors, amongst others Alan Rickman, Emma Thompson, Liam Neeson, Colin Firth, Bill Nighy, Keira Knightley, Laura Linney, Billy Bob Thornton and Rowan Aktinson (watch out for his cameo appearence, it's hilarious).
Then of course there is also Hugh Grant, at this point one of Curtis's faithfuls, playing Britain's PM in a more disillusioned and less vacant fashion: his improvised dance inside official quarters, with the beat of Sister Sledge in the background, is outstanding.

Trailer : http://www.youtube.com/watch?v=cYCkFTyADJ0