Sunday 30 November 2008

Twilight (C. Hardwicke, 2008)



La diciassettenne Isabella Swan va a vivere con il padre nella piovossissima cittadina di Forks, nello stato di Washington. Là incontra il cupo e affascinante Edward Cullen.
Scoprirà ben presto che egli nasconde un incredibile segreto...

A dispetto di coloro che attendevano di essere "rassicurati" da una conferma dei propri pregiudizi, miranti a screditare preventivamente questo film come "roba da adolescenti", "Twilight" è un bel film, sia rispetto alla fonte letteraria che al linguaggio cinematografico.
La sceneggiatrice Melissa Rosenberg si libera degli innumerevoli battibecchi amorosi presenti nel libro e va dritta al sodo, assecondando la visione della regista Catherine Hardwicke, il cui principale obiettivo era cogliere l'aspetto più interessante del romanzo di Stephanie Meyer, quello dell'inquietudine sessuale come nesso interno del binomio amore-morte.
I due attori protagonisti, entrambi in perfetta sintonia con i rispettivi personaggi, rendono bene la tensione insostenibile che corre tra Edward e Bella: lei vorrebbe aver lui vicino, lui tenta disperatamente di star lontano da lei e allo stesso tempo non ci riesce ed entrambi mettono in gioco tutto per il loro amore.
Non sono figure tipicamente eroiche, bensì persone costrette a compiere scelte eroiche in quanto incapaci di rinunciare ad un sogno bellissimo ed apparentemente irrealizzabile.
Sicuramente ciascuno dei due ha un'idea ben precisa di come il rapporto debba funzionare e
questo crea un dialettica che viene appena accennata dal film e presumibilmente sarà approfondita dai sequel.
La storia d'amore è trattata con grande delicatezza, priva degli eccessi di sceneggiatori nostalgici dell'adolescenza che non hanno mai avuto e bambinoni con qualche ormone di troppo, ed è sempre in perfetto equilibrio tra l'intimismo e l'epica.
Di conseguenza la complessa miscela romanticismo-fantasy-horror-teen movie funziona ed a questa concorrono in maniera non indifferente i magnifici paesaggi fotografati empaticamente da Elliot Davis e la musica essenziale con spunti classici e rock, quest'ultimi non sempre calzanti, di Carter Burwell.
I personaggi di contorno sono ben introdotti, considerando quanto è stato necessario ridurre, anche volendo tener conto del fatto che dal prossimo film (già in pre-produzione) dovranno essere inquadrati in modo più analitico.
Qualche giorno fa è stato annunciato che anche la sceneggiatura di "New Moon", secondo capitolo nella saga della Meyer, sarà figlia della penna asciutta e introspettiva di Melissa Rosenberg: dato che affidare la regia a Catherine Hardwicke, mano esperta nel ripercorrere le inquietudini adolescenziali, si è rivelata una scelta vincente, bisogna sperare in una riproposizione del felice sodalizio, perché "Twilight", lungi dall'essere un contentino per ragazzine sovraeccitate, è un'emozionante viaggio nell'amore allo stato puro, onesto e contrastato.

Teaser trailer (italiano) :
http://www.youtube.com/watch?v=pxNKNVnSXSs

Post Scriptum:
In data 8/12 è stato annunciato che Catherine Hardwicke non sarà dietro la cinepresa per il prossimo capitolo.
Personalmente io punterei su Sofia Coppola : quando forse leggerete una mia recensione su un film da lei diretto, capirete perché.

Post Post Scriptum : Come non detto, in data 12/12 è stato annunciato che il regista di "New Moon" sarà l'eclettico e imprevedibile Chris Weitz.



Twilight (C. Hardwicke, 2008)

Sorry boys, but this is not just another "chick flick"!
Director Catherine Hardwicke floors the accelerator to get to what is probably the most interesting aspect of Stephanie Meyer's novel and also the main focus of Melissa Rosenberg's script: the riveting and unbearable sexual tension between the star-crossed lovers, both desperately yearning for each other but, at the same time, forced not to embrace with the kind of intensity which is customary for lovers all around the world.
A lot of reviews have underlined the theme of chastity, while taking into consideration the fact that the literary source is not immune from the author's Mormon beliefs: personally, I found the dynamic between the two main characters very refreshing, even more so because the script cuts right to the chase, managing to avoid a rather substantial portion of the mushy banter devised by Meyer.
The awkwardness surrounding Edward and Bella makes their relationship thrilling and fascinating, while allowing a drop of sweet, uncompromising romance to slip through.
Fear is a strong motivational force for both lovers, who struggle in order to achieve different ends, but the persuit of eternal love is an equal contender which shatters their feeble resolve.
Once we’ve established that, are we to regard Edward and Bella as heroic figures?

Personally, I don’t think there’s anything “typical” about their love story, a fact which brings me to my next crucial point: even though there is an epic resonance to the story, the main tone of the film is profoundly introspective, in line with the director’s idea of what makes a good story.
Therefore, I wouldn’t qualify the two main characters as heroes, but rather as people who are compelled to make heroic choices to catch a glimpse of a wonderful and apparently unreachable dream.
Rosenberg’s subtle and pondering analysis manages to hit the right cord and feel honest, also thanks to Hardwicke’s non-intrusive focus on the characters’ feelings, without sacrificing too much of the other characters by giving each one of them a well-defined first introduction.
I must say I’m not too keen on the choice of Nikki Reed as Rosalie, but it’s an impression that comes from having read the book before seeing the film, so I won’t bring any arguments to the table just yet.
Elliot Davis’s empathic cinematography adds a lot to the feel of the story, as does Carter Burwell’s low-key score, a fusion of classical and rock, even though the latter seems at times misplaced.
It has been announced that the “Twilight” team will continue working together (production is due to start next March) on the second chapter of Meyer’s saga, “New Moon”: hopefully its trickier structure won’t influence the final result. My hopes are certainly up.

Theatrical Trailer : http://www.youtube.com/watch?v=k1GbukZnl1Y

Update! (December 8) : Apparently Catherine Hardwicke won't be directing the next chapter in the saga. Sofia Coppola, anyone?

Another update! (December 12) : Never mind, the director's chair was officially passed on to the eclectic and unpredictable Chris Weitz.





Saturday 29 November 2008

Pomodori verdi fritti (alla fermata del treno) (J. Avnet, 1991)



Evelyn fa amicizia in un ospizio con la vivace e anziana Ninny, che le racconta la storia di un'amicizia tra due donne, Idgy e Ruth, nell'Alabama del Primo Dopoguerra.

Il film di Avnet si muove su due binari: il primo è rappresentato dalla commovente amicizia tra la simpatica cicciottella Evelyn (Kathy Bates) e l’anziana Ninny (Jessica Tandy), mentre il secondo consiste nelle memorie dell’anziana signora riguardo ad un'altra amicizia, quella tra la spregiudicata Idgy (Mary Stuart Masterson) e l’affabile Ruth (Mary-Louise Parker).
La prima storia funziona soprattutto come commedia brillante, con qualche spiraglio di malinconia, mentre la seconda è un drammone sull’America rurale dei tempi andati, con l’aggiunta di un’impronta proto-femminista.
Il problema maggiore che ho riscontrato in questo film è il debolissimo, se non assente, legame tra le due storie, a tal punto che entrambe potrebbero funzionare in maniera del tutto autosufficiente come film autonomi: ne consegue che, pur considerando la non indifferente durata, il film non riesce ad inquadrare bene tutti i personaggi principali e a soffrirne è soprattutto la storia di Idgy e Ruth e dei loro pomodori fritti.
Il rapporto profondo che lega le ragazze non viene mai giustificato con un’analisi attenta delle rispettive personalità, a tratti perfino banalizzate, e sembra quasi che vi sia la volontà di trattenere qualcosa, di non andare oltre la superficie e, allo stesso tempo, di far mancare, con l’eccezione di qualche scena, come ad esempio quella del bagno notturno, quell’elemento di delicata suggestione che dovrebbe far protendere lo spettatore verso il non-detto o il non-fatto.
La storia di Evelyn e Ninny è più coerente, forse anche grazie alla minore complessità degli eventi che si susseguono in essa, e la simpatia dei due personaggi è contagiosa e spontanea, tale da rendere credibile ed a tratti molto commovente la loro amicizia, come ad esempio nella splendida scena finale.
Purtroppo quest’ultima è anche, delle due, la storia più sacrificata e, rispetto all’intensa drammaticità dell’altra, finisce per sembrare una sorta di inutile sketch comico a causa del montaggio “a intermittenza” del film, che spezza il ritmo laddove ci sarebbe bisogno di continuità e viceversa.
In definitiva, la bellezza delle due storie sta nell’individualità delle stesse, mentre il film nel suo complesso si rivela uno scoordinato tentativo di mettere in scena vite parallele.

Trailer (originale) : http://www.youtube.com/watch?v=wwYDQG0c-cs




Friday 21 November 2008

Dracula di Bram Stoker ( F.F. Coppola, 1992)


Nella speranza di "affondare i denti" a breve nell'attesissimo "Twilight", oggi in uscita nelle sale italiane, vi porto un po' indietro e condivido la mia opinione sulla storia del vampiro più famoso di tutti i tempi così come viene raccontata da un grande cineasta.

Se questo film fosse stato affidato ad un regista diverso, sarebbe stato un vero pastiche, nel senso puramente negativo del termine: la commistione di stili diversi, che spaziano dal neogotico-romantico allo splatter, richiedeva un concerto posto in essere da un abile burattinaio che sapesse quale filo tirare nella progressione temporale della storia.
Per fortuna il burattinaio della situazione è nientemeno che Francis Ford Coppola, il quale sceglie di dare la preferenza al melodramma, riducendo gli altri elementi del melting pot stilistico a meri accessori scenografici, per quanto grandiosi o impressionanti.
Non a caso, sebbene i punti di vista osservati siano quelli di molteplici personaggi, il filo conduttore della storia è rappresentato da Mina (Winona Ryder), che diventa protagonista assoluta nel momento in cui si trova faccia a faccia con il famoso vampiro (un magnifico Gary Oldman): gli spettatori assistono alla sua maturazione sessuale ed, al contempo, ad una drammatica presa di coscienza dei propri sentimenti, che va di pari passo con i tragici ricordi del famigerato conte, costretto dall'amore per Mina a riconoscere la propria identità ed il dolore indiscutibilmente umano che lo ha trasformato in un mostro.
La tensione nel film è tutta giocata sul non-visibile: la cinepresa si muove erraticamente, calcando la pittoresca e gotica scenografia con piani-sequenza brevi e ravvicinati, imitando i movimenti del mostro che si avvicina alla sua preda, ed in tal modo crea la sensazione di inevitabilità gravante su tutta la storia, l'ombra di un ineluttabile necessità, il Fato delle tragedie greche operante al fine di riunire il conte con la donna, anzi l'effigie della donna, indirettamente responsabile della sua dannazione eterna.
Tale riflessione diventa interessante alla luce di un dettaglio di vitale importanza, a mio avviso, per scoprire la chiave di lettura del film: in questa storia Dio sembra essere completamente assente.
Il conte stesso, in seguito alla tragedia che lo colpisce all'inizio del film, rinuncia alla Chiesa ed al suo Dio, precipitando nell'oscurità di quella che si prospetta come una non-morte eterna, terribile punizione dell sua tracotanza, ed il suo unico avversario veramente temibile è Van Helsing (un istrionico Anthony Hopkins), un uomo moderno, fortemente dedito alla ricerca scientifica e lontano dal misticismo dei padri esorcisti, pur servendosi del crocifisso, come vuole la leggenda, che in realtà non assume mai un'importanza preponderante e viene annoverato solo fra i tanti rimedi messi a punto dal geniale professore.
L'amore per Mina porta il conte, senza che egli lo voglia, sulla strada della riconciliazione con il divino tramite la riappropriazione della sua umanità, in quanto l'amore, come abbiamo modo di vedere all'inizio del film, è il suo unico punto di vulnerabilità, a fronte di un'apparente invincibilità, fermentata dalla crudeltà e dall'ambizione del personaggio nei suoi tratti sicuramente umani.
La splendida scena finale del film mostra un uomo finalmente in pace con se stesso che contempla quanto aveva rinnegato, non più un orribile mostro perseguitato dai suoi demoni, e questo traguardo riempie di viva speranza chiunque abbia assistito per due ore abbondanti all'inarginabile avanzare di un cupo delirio.

Trailer originale : http://www.youtube.com/watch?v=Xw2-ZMhxTUs

Wednesday 19 November 2008

Gli Amori di Astrea e Céladon (E. Rohmer, 2007)


La pastorella Astrea, credendo che l'amante Céladon l'abbia tradita, lo respinge.
Egli, disperato, si getta in un fiume e viene trovato da una donna di nobili origini...

Benvenuti in Arcadia! Entrate nella forma mentis di questo film e tuffatevi in una tela deliziosamente rococò, un mondo remoto rispetto al nostro, in cui tutto è all'insegna dello "scherzo", del gioco d'amore, dei colori pastello, dei lamenti pastorali, delle "bizzarrie" immerse nel rassicurante e luminoso paesaggio e dei pastori filosofi.
I dialoghi sono più vicini al teatro che al cinema e l'assenza di colonna sonora (vi sono soltanto flauti e liuti suonati talvolta dai personaggi) accresce la sensazione di assistere ad una rappresentazione galante, messa in scena per la nobiltà colta del '700.
Tuttavia Rohmer introduce un elemento in più che toglie al film ogni veste di apparente fredda razionalità: i due amanti vengono ritratti non solo nel pieno del loro struggimento d'amore, bensì anche nel momento in cui provano sensazioni per loro nuove e sconvolgenti che donano a questa leggera storia una carica erotica fortissima, priva di qualsiasi gratuità o volgarità, calibrata con sapienza dal maestro Rohmer con la bellezza eterea delle immagini e la grazia quasi musicale delle movenze dei personaggi.
Un esempio di questa incredibile simbiosi potrebbe essere una scena in cui Céladon coglie l'amata Astrea addormentata in una radura, con una gamba appena scoperta, e rimane folgorato dalla perfezione del suo corpo.
La ridente natura che circonda i personaggi contribuisce in maniera essenziale ad avvolgere lo spettatore nell'atmosfera rarefatta del film ed a fargli dimenticare per i suoi 109 minuti di durata le difficoltà della vita reale.
Io credo che l'intento del vecchio Rohmer sia quello di celebrare la giovinezza e l'innocenza dell'amore a lei congeniale, con un po' di nostalgia per l'ideale dell'amore pudico e allo stesso tempo aperto al contatto fisico, come dimostra nel modo più alto la semplice spontaneità del finale.
Molto interessante è l'uso sporadico che il regista fa della voce narrante, che non ha funzione esplicativa bensì descrittiva, un "occhio interno" cantautore dei sentimenti degli amanti nel momento stesso in cui li provano.
Quanto alla struttura del film, infine, coerentemente con lo stile nel complesso, le sequenze sono divise "per quadretti" attraverso l'interposizione di pannelli che scandiscono la successione temporale delle vicende.
Per coloro tra di voi che si lamentano della ripetitività delle trame, questo film è una tappa illustre e obbligata!

Thursday 13 November 2008

Quantum of Solace (M. Forster, 2008)



Gli amanti dell' azione probabilmente avranno da parlar bene di questo film, mentre coloro che si aspettavano un seguito degno del precedente rimarranno amaramente delusi.
"Quantum of solace" si riduce ad un mero susseguirsi di rocambolesche sequenze d'azione prive di un substrato che le giustifichi.
Purtroppo l'azione non è particolarmente memorabile né montata con grande coerenza, tranne la meravigliosa sequenza dell'Opera austriaca e, forse, quella del paracadutaggio d'emergenza, alimentando il senso di inconsistenza ed inutilità che traspira da questa operazione nel suo complesso.
Sicuramente non si tratta della strada artistica imboccata dal predecessore "Casinò Royale" e, sfortunatamente, il film non è neppure reminescente dell'era Roger Moore, in cui l'ironica autoreferenzialità e la leggerezza ben calibrata portava gli spettatori a mettere da parte le critiche sull'assurdità dei presupposti su cui poggiava l'intera trama.
Non tutto il male vien per nuocere, per lo meno da un ben determinato punto di vista: rispetto al precedente, che aveva incolmabili lacune in questo senso, in questo capitolo vi è un pizzico di humour nero e Craig, sempre bravo, sembra più a suo agio nei panni dell'agente segreto.
La Bond girl della situazione, Camille (Olga Kurylenko), è un mix di Melina Havelock (Carole Bouquet in "Solo per i tuoi occhi") e Pam Bouvier (Carey Lowell in "Vendetta Privata"), senza il fascino magnetico della prima e la buffa presunzione della seconda.
D'altro canto, il cattivo, Mr. Greene (Mathieu Amalric), è piuttosto inquietante, il tono calmo e gli occhi attenti, la fredda razionalità e l'apparente normalità contribuiscono nell'insieme a creare l'immagine di un uomo d'affari psicopatico, sebbene il personaggio non sia sufficientemente sviluppato nella sceneggiatura.
Speciale menzione va al Mathis di Giancarlo Giannini, unico personaggio veramente umano in un universo popolato da mostri.
Infine, credo che il pubblico femminile sarà abbastanza scosso da una scena che ha luogo verso la fine del film, un first nella storia di Bond, dato che in pochissimi film vi si fa meramente riferimento (si pensi a "Vendetta Privata", forse il più vicino nei temi a questo).





Those of you who rank action above everything else will probably love this film, while those of you who were hoping for a good storyline, "Casinò Royale" style, will be bitterly disappointed.
"Quantum" is nothing but a speedy succession of loud and fast paced action sequences, with no substantial elements in the story to uphold them.
The worst part of it is that the action itself is not particularly memorable and at times incoherent, except for the beautifully shot Austrian Opera sequence and, perhaps, the "fall-out-of-the-plane" scene, a fact which certainly doesn't help the viewers forget the lack of structure and, on the whole, the sense of pointlessness the film conveys (not to mention the incessant "Quantum" videogame ads in the cinema, but that's a matter of bad product placement).
We are surely not witnessing the "back to the beginning" direction towards which "Casinò Royale" was headed and, unfortunately, the film cannot be compared with the humorously nonsensical Roger Moore era either, since it's missing the lightness of spirit necessary to overlook a weak premise and an even weaker development story-wise.
That being said, I'm going to break a lance in favour of this film, at least in two respects: compared to the previous film, which had none, there's a bit of dark humour involved and Craig seems more comfortable in Bond's shoes.
The Bond girl, Camille (Olga Kurylenko), is a mix between Carole Bouquet's Melina Havelock in "For your eyes only" and Carey Lowell's Pam Bouvier in "Licence to kill"... minus the former's magnetic charm and the latter's endearing sassiness.
On the other hand the villain, Mr. Greene (Mathieu Amalric), is chillingly unsettling: his calm tone and quick eye, his heartless rationality and seemingly normal appearence provide, overall, a subtle and modern depiction of a psychopathic businessman, even though the character is not sufficiently developed in the script.
A special mention goes to Giancarlo Giannini's Mathis, the only genuinely human character in a world populated by monsters.
On a final note, I was rather disturbed by a scene near the end of the film which I think women in the audience will feel sensitive to: I recall a scene like that only being referred to explicitly in one of the Dalton films, possibly the closest in style and themes to this new Bond era.