Friday 21 November 2008

Dracula di Bram Stoker ( F.F. Coppola, 1992)


Nella speranza di "affondare i denti" a breve nell'attesissimo "Twilight", oggi in uscita nelle sale italiane, vi porto un po' indietro e condivido la mia opinione sulla storia del vampiro più famoso di tutti i tempi così come viene raccontata da un grande cineasta.

Se questo film fosse stato affidato ad un regista diverso, sarebbe stato un vero pastiche, nel senso puramente negativo del termine: la commistione di stili diversi, che spaziano dal neogotico-romantico allo splatter, richiedeva un concerto posto in essere da un abile burattinaio che sapesse quale filo tirare nella progressione temporale della storia.
Per fortuna il burattinaio della situazione è nientemeno che Francis Ford Coppola, il quale sceglie di dare la preferenza al melodramma, riducendo gli altri elementi del melting pot stilistico a meri accessori scenografici, per quanto grandiosi o impressionanti.
Non a caso, sebbene i punti di vista osservati siano quelli di molteplici personaggi, il filo conduttore della storia è rappresentato da Mina (Winona Ryder), che diventa protagonista assoluta nel momento in cui si trova faccia a faccia con il famoso vampiro (un magnifico Gary Oldman): gli spettatori assistono alla sua maturazione sessuale ed, al contempo, ad una drammatica presa di coscienza dei propri sentimenti, che va di pari passo con i tragici ricordi del famigerato conte, costretto dall'amore per Mina a riconoscere la propria identità ed il dolore indiscutibilmente umano che lo ha trasformato in un mostro.
La tensione nel film è tutta giocata sul non-visibile: la cinepresa si muove erraticamente, calcando la pittoresca e gotica scenografia con piani-sequenza brevi e ravvicinati, imitando i movimenti del mostro che si avvicina alla sua preda, ed in tal modo crea la sensazione di inevitabilità gravante su tutta la storia, l'ombra di un ineluttabile necessità, il Fato delle tragedie greche operante al fine di riunire il conte con la donna, anzi l'effigie della donna, indirettamente responsabile della sua dannazione eterna.
Tale riflessione diventa interessante alla luce di un dettaglio di vitale importanza, a mio avviso, per scoprire la chiave di lettura del film: in questa storia Dio sembra essere completamente assente.
Il conte stesso, in seguito alla tragedia che lo colpisce all'inizio del film, rinuncia alla Chiesa ed al suo Dio, precipitando nell'oscurità di quella che si prospetta come una non-morte eterna, terribile punizione dell sua tracotanza, ed il suo unico avversario veramente temibile è Van Helsing (un istrionico Anthony Hopkins), un uomo moderno, fortemente dedito alla ricerca scientifica e lontano dal misticismo dei padri esorcisti, pur servendosi del crocifisso, come vuole la leggenda, che in realtà non assume mai un'importanza preponderante e viene annoverato solo fra i tanti rimedi messi a punto dal geniale professore.
L'amore per Mina porta il conte, senza che egli lo voglia, sulla strada della riconciliazione con il divino tramite la riappropriazione della sua umanità, in quanto l'amore, come abbiamo modo di vedere all'inizio del film, è il suo unico punto di vulnerabilità, a fronte di un'apparente invincibilità, fermentata dalla crudeltà e dall'ambizione del personaggio nei suoi tratti sicuramente umani.
La splendida scena finale del film mostra un uomo finalmente in pace con se stesso che contempla quanto aveva rinnegato, non più un orribile mostro perseguitato dai suoi demoni, e questo traguardo riempie di viva speranza chiunque abbia assistito per due ore abbondanti all'inarginabile avanzare di un cupo delirio.

Trailer originale : http://www.youtube.com/watch?v=Xw2-ZMhxTUs

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